• Pubblicata il
  • Autore: Marco
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Domenica di pioggia - Lecce Trasgressiva

Come spesso accade negli ultimi anni, la domenica pomeriggio vado a trovare la mia amica del cuore. Verso le due entro nel bar di fronte casa sua e sorseggiando un caffè, non male per essere stato fatto da una cinesina sempre sorridente, tengo d’occhio la berlina nera del marito parcheggiata dall’altra parte della strada. Anche la domenica prima di Pasqua ero in attesa al bar guardando la pioggia che non dava segno di voler smettere. Verso le due e un quarto, con precisione mitteleuropea, il mio uomo, sale in macchina e parte per il suo rito domenicale: ippodromo per le corse dei cavalli.
Il che significa che almeno per tre ore il campo è libero. Con calma lascio ancora 15 minuti alla signora perché si prepari a dovere. Chissà oggi come si starà agghindando. Poi, con passo indifferente mi dirigo verso il portone puntando il dito a colpo sicuro sul pulsante più alto della fila del citofono.
Il click dell’apri porta è quasi immediato. Mi infilo nell’ascensore dove aleggia ancora il profumo del cornutone. All’ultimo degli 8 piani un uscio si socchiude non appena la porta dell’ascensore si apre. Con passo silenzioso mi infilo nel varco appena aperto. La porta si chiude senza rumori dietro di me. Nell’attico spazioso una musica orientale rompe piacevolmente il silenzio ovattato dello stabile. Mi blocca appena dentro e mi sfila il soprabito zuppo che afferra per portare in bagno. Mi guarda sorridendo e dice “Per favore, amore, togliti anche le scarpe non voglio che mi lasci impronte in giro”. Obbedisco prontamente e le porgo le Timberland umidicce di pioggia. Mi fa accomodare sul divano con vista panoramica anche se col cielo grigio di oggi c’è ben poco da vedere. Si è tirata su i capelli e si è messa un tubino grigio corto che la fascia in maniera incantevole. Non ha le calze sulla pelle abbronzata dalle frequenti sedute UVA. Le labbra spiccano di un rosso fuoco. Si accuccia sul tappeto di fianco a me e comincia a carezzarmi le cosce mentre le mie dita giocano tra i riccioli castani e i lobi delicati delle orecchie.
Sento le sue mani aprire la cintura e sbottonarmi la patta. La lascio fare, mi piace quando prende l’iniziativa. Quando mi sfila i pantaloni il mio cazzo è già duro, pronto per la sua bocca golosa.
La sua lingua si diverte a stuzzicarmi la cappella per scivolare poi fino alla peluria dei marroni.
La prendo in giro mentre cerca di ingoiare fino in fondo il mio membro troppo eccitato per la sua bocca piccolina: “Tesoro” le dico “non è mica quello di tuo marito che lo ingoi in un sol colpo”. So che non si incazza se denigro il maritino. Mi ha confessato che lo ha sposato perché a 35 anni voleva sistemarsi e quindi ha colto al volo l’occasione di accasarsi con un uomo ricco (di famiglia) solo per il fatto che le avrebbe fatto fare la vita da signora e non certo per amore. Si accanisce a pomparmi mentre l’atmosfera si scalda sempre più: “dai troia” la incito “sucami il cazzo senza paura che non ti vengo tra le mani come un ragazzino”. Da vero stronzo prendo ancora in giro il cornuto che, come lei mi ha confessato, oltre ad avere un cazzettino, come dice lei stessa, soffre anche di eiaculazione precoce. Ci spogliamo del tutto , appoggio un piede sul bracciolo del divano in modo che lei, sempre in ginocchio sul tappeto, possa risalire le mie cosce con la lingua umida e darmi piacere negli anfratti più reconditi. Ho voglia di prenderla. Mi stendo sul morbido tappeto, la invito a impalarsi. Stuzzico i suoi capezzoli duri mentre lei si muove lentamente per accogliermi completamente. La accarezzo sentendola fremere, poi l’orgasmo la prende. Senza pudore mi prega di non smettere, di spingere sempre di più. Sento il suo piacere scivolarmi sul cazzo, inumidirmi l’inguine. Continuo a farla sobbalzare sopra di me fino a che, esausta, si abbandona sul mio corpo. Non le do tregua, mi sollevo e le porgo il cazzo lucido dei suoi umori. Lascio che mi pulica dei suoi stessi sapori. Sfilo la mia cinghia dai pantaloni e la passo intorno alla sua vita sottile. Si lascia guidare senza timore, la muovo in modo che si metta carponi sul divano.
Tiro la cintura in modo che il suo culo sodo si sollevi verso di me. Prosaicamente sputo rumorosamente sulla mano e le insalivo il buchetto, punto il cazzo verso l’orifizio stretto ma già tante volte collaudato.
“Piano” mi supplica la signora “fai piano, per favore”. La rassicuro “certo tesoro, faccio piano piano, però tu rilassati”. Con una mano afferro saldamente la cintura e con l’altra impunto la cappella perché non sbagli strada. Poi spingo decisamente. “Piano” le esce un gemito strozzato.
Le replico brutalmente “Non rompere il cazzo e fatti inculare come si deve”. La riposta di lei “sei una bestia, sei un animale” non suona come un’offesa. La strada è presto fatta. Stringo sempre la cintura con una mano e l’altra adesso mi serve a tapparle la bocca. I gemiti di dolore si placano e sento il mio cazzo scivolare nel budellino senza incontrare resistenza. Capisco che il dolore è diventato piacere. “Ecco brava la mia puledrina” le dico subdolamente “fatti montare per bene dal tuo stallone” . Poi, senza ritegno alcuno le sussurro in un orecchio “allora troia, ti fa ancora male? Devo smettere” intanto che affondo colpi sempre più decisi. Domanda retorica a cui la signora risponde allargandosi le chiappe per consentirmi un ingresso più profondo. La sento godere ancora e la incito senza pudore “dai troia sborra di culo, fammi sentire come godi col cazzo nel culo” Si accascia dopo l’orgasmo ‘diverso’. Mi sfilo, vado in bagno a sciacquarmi. L’acqua fredda non affloscia la mia eccitazione. Torno in sala. Lei è seduta sul divano. “Inginocchiati” le ordino “voglio godere nella tua bocca” . Obbedisce prontamente e mi accoglie calda e premurosa. Mi lascio andare in una lunga, piacevolissima, sborrata. La pioggia continua incessante. Penso, con immensa gratitudine, ai poveri cavalli costretti a trottare sulla pista fangosa....

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06/05/2013 14:50

Augusto

Anche se è falso bel racconto

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