IL VIAGGIO DI PARIGI  - Lecce Trasgressiva

IL VIAGGIO DI PARIGI - Lecce Trasgressiva

Era il nostro primo viaggio tanto atteso, tre giorni, io e lui, a Parigi.

Parigi era bella, bellissima, ce l’avevano detto tutti, ma l’ebbrezza di essere insieme, lontano da tutto e da tutti, ci aveva travolti. Abbiamo passato la prima notte a fare l’amore. E buona parte della mattina successiva a dormire abbracciati.

Poi c’era venuta un’idea, così romantica che non avevamo potuto rinunciarci. Siamo usciti per strada, in cerca di baguette, formaggio, e di vino rosso. Siamo tornati in camera e abbiamo imbandito un pasto così appetitoso che ci aveva fatto tornare la voglia. Quando ci siamo risvegliati da quel sonno improvviso che ti prende dopo l’amore, era già notte e la ville lumière, in effetti, era parecchio illuminata.

Abbiamo fatto la doccia avvinghiati e poi siamo usciti. Era tardi, e i ristoranti sulla nostra lista erano tutti in chiusura. Abbiamo mangiato una pizza in un posto qualsiasi e passeggiato fino a raggiungere la Tour Eiffel. Sarebbe stato bello salire fino in cima a vedere il panorama.

Il giorno dopo ci siamo svegliati presto per andare al Louvre. Non potevamo ripartire senza averlo visto. Ricordo la fila interminabile per entrare e come mi sembrava sprecato quel tempo che avremmo potuto passare insieme in quella camera d’albergo che ormai era il nostro nido nella città sconosciuta.

Siamo entrati finalmente. Sale e sale interminabili di statue e quadri appesi. E sesso, sesso dappertutto. Forse eravamo noi. Mi tenevo vicina a lui, mi piaceva quando per sbaglio mi sfiorava il seno, quando la sua mano che mi cingeva la vita scivolava un po’ più giù ad accarezzarmi il sedere. Guardavamo dipinti pieni di corpi nudi e scene di violenza, in silenzio, vicini. Giravamo intorno a statue dalla carne di marmo.

‘Ho voglia’. Ho cominciato a sussurrargli all’orecchio.

‘Vediamo la Gioconda e andiamo.’ Rispose lui. Non potevamo andare via senza aver visto la Gioconda.

Poi avevo bisogno del bagno, non era una scusa. Sono uscita quasi subito e l'ho preso per mano.

‘Non c’è nessuno!’ Gli sussurrai all’orecchio. Lui fece resistenza un attimo, poi assecondò la mia urgenza e la paura di essere scoperti.

Ci siamo infilati nel primo bagno disponibile. Mi spinse contro il muro quasi con violenza, le sue mani avevano iniziato a slacciarmi i bottoni dei jeans, mentre con la bocca cercava la mia. Io avevo fatto altrettanto. Mi ha abbassato i jeans, mi ha spostato gli slip ed era entrato dentro di me. Ci siamo fermati un attimo, trattenendo il fiato. Cercò di sollevarmi contro il muro, ma i miei jeans lo impedivano e toglierli voleva dire togliere anche le scarpe…

Poi si è staccato da me e mi ha girata di spalle...

‘Appoggia le mani sul water.’ Mi disse.
Mi sono piegata lentamente in avanti, un po’ vergognandomi, un po’ eccitandomi. Era la prima volta che lo facevamo così. Mi ha preso i fianchi e si è guidato dentro di me.

Non lo avevo mai sentito così, così in profondità, così selvaggio, così padrone del mio corpo. Lo sentivo impazzire dentro di me, mentre i miei occhi fissavano le mattonelle bianche della parete, le mie mani scivolavano sulla plastica del coperchio. E poi, a un certo punto, è successo, ho sentito il mio corpo sfuggirmi di mano e per un istante ho perso il contatto con tutto quello che mi circondava.

Quando è venuto, mi ha stretto i seni con le mani piegandosi su di me, poi mi ha sollevato e abbracciato da dietro. Ho girato la testa verso il suo orecchio per sussurrargli, tra la meraviglia e lo stupore:

‘Sono venuta anch’io.’ E le sue braccia mi hanno stretto più forte.

La Gioconda alla fine non l’abbiamo vista. Ma Parigi rimane una città indimenticabile per noi.

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